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CELIACHIA
La celiachia, intolleranza permanente al glutine, fino a non molti anni fa era considerata una malattia rara e quindi, anche per questo motivo, poco conosciuta.
La malattia, già descritta nell’antichità da Areteo di Cappadocia nel II secolo d.C., fu messa in relazione all’introduzione di farina circa 1700 anni dal pediatra olandese Dicke (8), che aveva acutamente osservato come le condizioni di bambini affetti da questa condizione fossero paradossalmente migliorate durante il cosiddetto „inverno del digiuno”(1944-45) quando, a causa della penuria di cibo, i piccoli pazienti erano sfamati con patate, cipolle o alimenti inconsueti come bulbi di tulipano.
Per 18 secoli, e sin dopo la II guerra mondiale, la malattia sembrò avere un quadro clinico uniforme. L’elevata mortalità infantile soprattutto per malattie infettive, verso cui i celiaci sono più vulnerabili, selezionò una coorte di adulti „non celiaci”, cosicché la malattia era considerata una patologia pediatrica, identificabile dalla comparsa, dopo poche settimane o mesi dall’introduzione di alimenti solidi, del quadro di grave malnutrizione (diarrea abbondante e maleodorante, distensione addominale, ipotrofia delle masse muscolari, arresto della crescita). Pertanto i primissimi studi di tipo epidemiologico, dopo l’identificazione dell’agente causale, erano rivolti ad una popolazione infantile: in quei tempi, la malattia era diagnosticata esclusivamente sulla base della sintomatologia tipica ed era considerata rara (1: 8.000 negli anni ’50). Negli anni ’60, con l’avvento dei primi test di assorbimento e della biopsia digiunale per-orale, le diagnosi aumentarono, tanto che nella metà degli anni ’70 furono riportati picchi di 1: 500 per regioni come Irlanda, Scozia, Svizzera.
Di conseguenza, nella speranza di „prevenire” l’insorgenza della malattia, si ritardò l’introduzione del glutine allo svezzamento con il risultato immediato di una netta riduzione dell’incidenza della malattia. Sfortunatamente tale decrescita fu puramente illusoria, poiché gli studi successivi dimostrarono che la riduzione delle forme tipiche infantili era controbilanciata dall’insorgenza di forme atipiche, con sintomatologia insorgente in bimbi più grandi o nell’adulto. Nelle ultime decadi le nostre conoscenze sulla malattia celiaca sono molto migliorate, ed a tale miglioramento ha contribuito notevolmente la gastroenterologia italiana. Grazie al prolungamento della sopravvivenza, all’avvento di tecniche di screening affidabili ed a studi su campioni di popolazioni, si è chiarito che la malattia è molto più eterogenea e frequente di quanto non si potesse pensare, sia per prevalenza sia per espressione clinica.
La malattia celiaca è stata paragonata ad un iceberg, in cui la parte sommersa (ovvero le forme atipiche e silenti) supera notevolmente la parte emersa, rappresentata dai casi tipici, con le classiche stimmate del malassorbimento e perciò facilmente diagnosticabili.
I segni obiettivi possono essere molto variabili. Sono ormai rari i casi in cui il grave stato denutrizionale induce l’immediato sospetto.
In questi ultimi anni, la celiachia sembra aver cambiato le proprie caratteristiche: in realtà è solo mutata la nostra attenzione verso sintomi spesso sfumati ed atipici, che ha permesso di accertare un maggior numero di diagnosi 4, (13-15). Grazie all’avvento di marcatori sierologici di celiachia (27,28,) in particolare gli anticorpi antiendomisio (EmA) e più recentemente gli anticorpi antitransglutaminasi (tTG) dotati di elevata sensibilità e specificità, nonché alla diffusione dell’endoscopia digestiva con possibilità di effettuare biopsie a livello della seconda porzione duodenale (29,30) la malattia, considerata sino a pochi anni fa diffusa prevalentemente fra la popolazione europea, è stata riscontrata in tutti i continenti, con una frequenza sovrapponibile. La celiachia è una delle malattie croniche su base genetica, non mortali, più comuni, con una frequenza, nella popolazione generale, stimata 1:100-1:300. Colpisce individui di entrambi i sessi, anche se con una prevalenza maggiore in quello femminile (F/M = 2,5/1). L’età media di comparsa è intorno ai 35 anni, sebbene possa esordire in età sia pediatrica che geriatrica (il 20% dei pazienti celiaci ha più di 60 anni). L’incidenza della malattia è elevata, particolarmente in alcuni paesi dell’Europa occidentale, dove è sovrapponibile a quella americana (0,3-1%).
Colpisce individui di entrambi i sessi, anche se con una prevalenza maggiore in quello femminile (F/M = 2,5/1). L’età media di comparsa è intorno ai 35 anni, sebbene possa esordire in età sia pediatrica che geriatrica (il 20% dei pazienti celiaci ha più di 60 anni).
L’incidenza della malattia è elevata, particolarmente in alcuni paesi dell’Europa occidentale, dove è sovrapponibile a quella americana (0,3-1%).
In Italia un recente studio multicentrico ha riscontrato una percentuale di malattia celiaca pari a un soggetto ogni 100 persone , tuttavia la maggioranza delle persone affette non sa di averla.
A causa dell”alto numero di casi sommersi si parla di fenomeno dell’iceberg a proposito di questa patologia.
L’individuazione precoce della parte sommersa dell’iceberg celiachia rappresenta ancora oggi il più grave problema di questa malattia: esiste infatti un’alta percentuale di celiaci (circa l’80%) non ancora diagnosticati che, oltre ad avere una bassa qualità della vita, rischia gravissime complicanze e ciò anche in relazione alla frequente associazione con molteplici malattie a patogenesi autoimmune. Maggiore è il ritardo diagnostico maggiore è l’autoimmunità associata.
La malattia celiaca, conosciuta anche come sprue celiaca o enteropatia da glutine, è una malattia dell’intestino tenue a patogenesi immuno-mediata, caratterizzata da una intolleranza permanente al glutine, frazione proteica presente in molti cereali (frumento, farro, kamut, orzo, avena, segale, spelta e triticale) che, in soggetti geneticamente predisposti, causa un danno mucoso che, progredendo attraverso vari stadi di gravità, conduce all’atrofia della mucosa del piccolo intestino.
Una diagnosi tardiva può quindi cronicizzare l’infiammazione determinando patologie gravi, a volte irreversibili, come osteoporosi, infertilità, aborti ripetuti, bassa statura nei ragazzi, diabete, tiroidite autoimmine, alopecia, epilessia con calcificazioni cerebrali, linfoma intestinale, artrite eumatoide, epatite cronica attiva, dermatite erpetiforme.
L’esclusione completa dei cereali contenenti glutine dalla dieta determina la regressione delle lesioni a carico della mucosa intestinale e risoluzione del quadro clinico.
EPIDEMIOLOGIA
Colpisce individui di entrambi i sessi, anche se con una prevalenza maggiore in quello femminile (F/M = 2,5/1). L’età media di comparsa è intorno ai 35 anni, sebbene possa esordire in età sia pediatrica che geriatrica (il 20% dei pazienti celiaci ha più di 60 anni).
L’incidenza della malattia è elevata, particolarmente in alcuni paesi dell’Europa occidentale, dove è sovrapponibile a quella americana (0,3-1%). In Italia un recente studio multicentrico ha riscontrato una percentuale di malattia celiaca pari a 1/100
SI NASCE O SI DIVENTA CELIACI?
Chi è geneticamente* predisposto diventa celiaco, ma solo dopo l’introduzione del glutine nell’alimentazione, il che mette in moto una risposta immunitaria abnorme a livello dell’intestino tenue, cui consegue una infiammazione cronica con alterazioni morfologiche dei villi intestinali (appiattimento). Ma avere la predisposizione genetica non implica necessariamente la manifestazione della patologia.
L’esistenza di una predisposizione genetica a sviluppare la celiachia è suggerita dal rischio aumentato in
1) fratelli di pazienti celiaci 7-12%
2) fratelli di pazienti celiaci HLA identici 30-50%
Gemelli monozigoti 80%
Gemelli dizigoti 20%
* Nella celiachia è stata dimostrata una forte associazione con i geni del complesso HLA-II codificanti gli eterodimeri DQ2 e DQ8; il 90% circa dei celiaci è portatore dell’antigene DQ2, mentre nella maggior parte dei celiaci DQ2-negativi si riscontra positività per DQ8.
Esiste tuttavia un 25-30% della popolazione che pur possedendo questi geni di predisposizione non svilupperà mai la malattia. Infatti la presenza degli alleli HLA è un indicatore di predisposizione alla celiachia.
TEST GENETICO
Il test genetico è di notevole aiuto quando sia necessario escludere la malattia celiaca e determinante in caso di malattia refrattaria all terapia.
Il test genetico è indolore. Si effettua con un semplice tamponcino buccale.
A chi è consigliato il test:
– alle persone che hanno un familiare affetto da celiachia
– a chi dopo aver effettuato esami sierologici ha ricevuto una diagnosi per morbo celiaco dubbia
– a chi soffre di sintomi gastrointestinali, diarrea, dolori addominali, sindrome del colon irritabile e non ne conosce la causa.
ESPRESSIONE CLINICA
Accanto alle forme classiche, che si manifestano entro i primi due anni di vita con segni e/o sintomi di malassorbimento, sono stati identificati anche quadri cosiddetti atipici, caratterizzati da un esordio tardivo, spesso clinicamente sfumato o addirittura silente.
Sulla base dei dati clinici, sierologici ed istologici è, infatti, possibile riconoscere le seguenti forme (classificazione estensiva della celiachia):
FORMA CLASSICA: sintomi enterici, sierologia e biopsie intestinali positive
FORMA ATIPICA: manifestazioni extraintestinali, sierologia e biopsie intestinali positive
FORMA SILENTE: asintomatica con sierologia e biopsie intestinali positive
FORMA LATENTE: sierologia positiva, biopsie intestinali negative
FORMA POTENZIALE: predisposizione genetica
Le percentuali maggiori sono appannaggio delle forme silente ed atipica.
QUANDO PENSARE ALLA CELIACHIA IN ETA’ ADULTA
• Anemia carenziale resistente a trattamento, non ben spiegata
• Disturbi gastro-intestinali: alvo irregolare, meteorismo, dolori addominali
• Bassa statura, scarso accrescimento
• Problemi di infertilità; aborti spontanei
• Disturbi neurologici non ben definiti (atassia, neuropatie periferiche)
• Parenti di primo grado di pazienti celiaci
• Soggetti Down
• Osteoporosi precoce e severa
• Ipertranasaminasemia sine causa
• Aftosi orale recidivante
• Dermatite erpetiforme
• Alopecia areata
MANIFESTAZIONI CLINICHE DELL’APPARATO DIGERENTE
I principali dati della letteratura evidenziano che nell’adulto la presentazione clinica della celiachia con manifestazioni di tipo gastroenterologico rappresenta meno del 5% di tutti i casi.
I sintomi gastrointestinali sono manifesti soltanto nella cosiddetta “forma classica”, nell’ambito della quale possiamo distinguere:
• malattia conclamata, con grave sindrome da malassorbimento e, quindi, diarrea, steatorrea, meteorismo e calo ponderale;
• malattia paucisintomatica, con scarsi o lievi sintomi addominali (gonfiore, anomalie dell’alvo);
• malattia monosintomatica, con presenza soltanto di due sintomi, diarrea e ipertransaminasemia.
Alla celiachia possono associarsi, con differente prevalenza, numerose malattie gastroenterologiche, quali la sindrome dell’intestino irritabile, la stomatite aftosa ricorrente, il reflusso gastroesofageo e l’ipertransaminasemia.
La sindrome dell’intestino irritabile (IBS), è caratterizzata da un quadro generale del tutto simile a quello della celiachia paucisintomatica: è pertanto verosimile che molte diagnosi di intestino irritabile sottendano in realtà una malattia celiaca non opportunamente riconosciuta.
Dall’analisi dei dati della letteratura si evince come la celiachia presenti una prevalenza del 5% nei pazienti con IBS rispetto ad una prevalenza dello 0,6% nella popolazione di controllo.
MANIFESTAZIONI EXTRAINTESTINALI
I dati della letteratura indicano che in circa il 60% dei casi l’esordio della malattia celiaca è caratterizzato da manifestazioni extraintestinali con scarsi o nulli sintomi gastrointestinali.
In generale possono essere distinte in due gruppi:
a) Secondarie alla malattia non trattata : Bassa statura. Alterazione del peso. Anemia sideropenica. Osteoporosi. Artriti. Neoplasie. Difetti dello smalto dentario. Ritardo puberale. Alterazioni della fertilità. Miocarditi. Epatite.
b) Associate alla malattia: Malattie autoimmuni.Malattie dermatologiche. Disturbi neurologici e psicologici.Sindromi genetiche.
Nel bambino la malattia celiaca determina un arresto della crescita.
La perdita di peso era in passato un quadro clinico caratteristico del paziente celiaco.
Al contrario il sovrappeso può essere un quadro che non esclude la celiachia: il 30% dei soggetti con diagnosi di malattia celiaca è in sovrappeso.
La carenza di ferro, con o senza anemia, sembra essere la manifestazione extraintestinale più frequente, in particolare in coloro che non rispondono alla supplementazione orale di ferro:
• il 50% dei celiaci adulti manifesta anemia
• nel 20% dei casi l’anemia è l’unico sintomo
• > 70% dei pazienti ha carenza di ferro
Il 6-14% dei pazienti anemici è celiaco
DIAGNOSTICA
A partire dagli anni 80 con la comparsa dei primi marcatori sierologici il laboratorio è diventato componente fondamentale del percoso diagnostico della malattia celiaca. La corretta diagnosi non può che essere la risultante della necessasria interazione tra clinico e laboratorista a partire dagli ni con la comparsa i primi arcatori. In soggetti in cui si sospetti la malattia celiaca si effettuano in primis test non invasivi (diagnostica di laboratorio) rappresentati dal dosaggio di:
• AGA (anticorpi Antigliadina IgA ed IgG) non usato negli adulti.
Nei bambini di età inferiore ai 2 anni sono fortemente indicativi di celiachia anche in assenza di EMA e TTG
• TTg (anticorpi Antitransglutaminasi tissutali IgA) ricombinanti umani si sono mostrati più sensibili degli EMA
• Ema IgA (anticorpi antiendomisio IgA) possono essere assenti nei celiaci di età inferiore ai 2 anni.
La “conferma diagnostica” si ottiene, tuttavia dall’ esame istologico della mucosa digiuno-ileale previa effettuazione dell’esame bioptico in corso di endoscopia:
TRATTAMENTO DELLA CELIACHIA
la dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Consiste nell’esclusione del glutine dalla dieta, cui consegue la normalizzazione dei parametri sierologici, del quadro istologico e della sintomatologia, quindi: guarigione clinica. Il soggetto celiaco deve evitare tutti i prodotti contenenti glutine e sostituirli con alimenti naturalmente privi di glutine o con speciali alimenti del commercio privi di glutine, il cui simbolo di riconoscimento è rappresentato, a livello internazionale, dalla spiga di grano sbarrata. La scritta “senza glutine” può essere posta in etichetta solo dopo la concessione, da parte del Ministero della Salute, di una specifica autorizzazione allo stabilimento di produzione e la notifica al Ministero stesso del singolo prodotto da parte di questo. E’ disponibile il prontuario degli alimenti per celiaci: è una pubblicazione dell’AIC (Associazione Italiana Celiachia), strumento fondamentale nella quotidianità. In questo libro vengono raccolti tutti gli alimenti che si trovano in commercio le cui aziende produttrici garantiscono l’assenza di glutine.
Inoltre su sito dellAIC (http://www. celiachia .it/afcristoratori/) è possibile consultare l’elenco sempre aggiornato dei ristoranti, pizzerie , alberghi, bar ,pasticcerie , agriturismi che hanno aderito al progetto „alimentazione fuori casa” dell’associazione e che sono informati sui problemi dell’alimentazione dei celiaci.
GLUTEN-SENSITIVITY
LA SENSIBILITÀ AL GLUTINE: QUELLA „ZONA GRIGIA” FRA SALUTE E CELIACHIA
Cos’è la sensibilità al glutine non-celiaca (NCGS). Per chiarire cosa sia la sensibilità al glutine occorre dire prima cosa non è: non si tratta infatti di celiachia né di allergia al grano, sebbene i sintomi si manifestino dopo l’assunzione di glutine e vadano in rapida remissione con l’eliminazione del glutine dalla dieta. Il prof. Alessio Fasano, coordinatore del gruppo di ricerca sulla celiachia della Università del Maryland, ed autore del primo studio di un certo rilievo su questo tema, la spiega così: „Provate a immaginare il rapporto con il glutine su uno spettro continuo. Ad un’estremità dello spettro ci sono pazienti celiaci, che non tollerano nemmeno un grammo di glutine nella dieta, all’estremità opposta, invece, ci sono le persone fortunate che possono mangiare la pizza, la pasta, i biscotti e bere birra senza sentirsi male. Nel mezzo, nella zona grigia dello spettro, ci sono le reazioni al glutine, come la sensibilità, su cui fino ad oggi poco si sapava. Proprio in questa zona stiamo cercando le risposte relative alla diagnosi e alla cura della sensibilità al glutine che oggi sappiamo essere una risposta patologica specifica”.
In base ai primi dati forniti dal Prof. Fasano, il fenomeno sembra interessare il 6% della popolazione americana, e considerate le abitudini alimentari del nostro Paese, decisamente orientate verso cibi contenenti glutine (pane , pasta , pizza), è ragionevole presumere che tale percentuale sia da ritoccare al rialzo. ” La diffusione esatta è tuttora difficile da stimare, perchè gli studi sono pochi e l’argomento complesso – spiega Carlo Catassi , docente di pediatria all’Università Politecnica delle Marche-quello che più conta, se si teme di essere sensibili al glutine, è sottoporsi ai tests per la diagnosi di celiachia. Purtoppo molti cedono all’auto-diagnosi ed iniziano una dieta di eliminazione, ma questo è pericoloso perchè il paziente potrebbe essere celiaco e non scoprirlo ed esporsi a rischi e alle complicanze della patologia”.
Il web ed il mercato ha cavalcato la „moda” ed ormai la dieta senza glutine è uno stile di vita per molti – sottolinea Caterina Pilo, presidente AIC- questo è preoccupante perchè, oltre ad allontanare dalla diagnosi i veri celiaci, ha contribuito a ridurre la percezione della gravità della malattia : l’Europa ha declassato un anno fa i celiaci dai gruppi di consumatori le cui esigenze nutrizionali vanno tutelate . E’ perciò indispensabile fare maggiore chiarezza anche perchè scegliere la dieta senza glutine, pensando che sia migliore costa caro: secondo i dati AIC, in Italia si spendono poco meno di 6 milioni di euro al mese per acquistare prodotti senza glutine anche in assenza di un reale bisogno
Come si manifesta la sensibilità al glutine ?
Per molti anni i soggetti con sensibilità al glutine sono vissuti nella „No man’s -land”. Infatti essi non venivano presi in considerazione nè dagli esperti di colon irritabile, nè di celiachia . La maggior parte dei soggetti sensibili al glutine veniva indirizzata agli psichiatri per patologia depressiva e funzionale.
L’analisi degli studi clinici in corso e della letteratura, che risale agli inizi degli anni ’80, ha permesso di definire l’identikit delle persone affette da NCGS e le sue possibili sovapposizioni con altre sindromi. Una sovrapposizione tra la sindrome dell’intestino irritabilie e NCGS è stata sospettata, ma la mancanza di biomarcatori rappresenta ancora un grande limite, anche se i ricercatori affermano che presto sarà disponibile un biomarker specifico e che un modello sierologico potrà di seguito identificare la presenza di NCGS, rendendo possibile una diagnosi differenziale con altre patologie glutine correlate.
Vi è un accordo generale che il termine „disturbi glutine correlati” ha la funzione di un ombrello sotto il quale comprendere tutte le condizioni relative alla ingestione di alimenti contenti glutine.
Se in Italia circa il 16-25% della popolazione soffre di IBS, è stato recentemente dimostrato come almeno il 28-30% di questi potrebbero essere sensibili al glutine, in virtù della loro risposta positiva alla dieta senza glutine. La NCGS ha ora una nuova e più precisa definizione e si caratterizza sia con sintomi intestinali che extraintestinali. I ricercatori raccomandano come sia sempre necessario, in assenza di biomarkers specifici, procedere ad escludere celiachia ed allergia al grano. In realtà l’attenzione ora è massima sul ruolo dell’Amilasi Tripsin Inhibitor (ATI). In questi disordini, oltre la gliadina, potrebbe avere un ruolo anche l’ATI, frazione proteica che migra insieme al glutine, e che potrebbe stimolare l’immunità innata dell’intestino, meccanismo d’innesco alla base della NCGS
A differenza della celiachia, in cui l’ingestione di glutine provoca il danneggiamento della mucosa intestinale con conseguente malassorbimento, nella sensibilità al glutine la sintomatologia, che è dose dipendente e può essere intestinale e/o extra-intestinale, è più riconducibile a quella provocata dalle reazioni avverse agli alimenti, le cosiddette „allergie ritardate”, o più conosciute, ma impropriamente definite „intolleranze alimentari”.
In particolare, fra i sintomi intestinali si registrano: difficoltà digestive, gonfiore addominale, senso di nausea, dolore e crampi addominali, iperacidità gastrica, gastrite, diarrea, stipsi, irregolarità intestinale, flatulenza, aerofagia.
A livello extra-intestinale invece possiamo annoverare: stanchezza cronica, difficoltà di concentrazione e sonnolenza, orticaria, acne, dermatite, cefalea, emicrania, asma, tosse, raucedine, eccesso di muco, alterazione della pressione arteriosa, palpitazioni, disturbi della libido, infiammazioni uro-genitali frequenti, crampi, tremori muscolari, debolezza muscolare, dolori articolari e muscolari o anche anemia da carenza di ferro.
Sensibilità al glutine (non celiaca) NCGS -caratteristiche cliniche
I sintomi presentati dai pazienti e riferiti al Center for Celiac Research dell’ Università del Mayland, USA (Sapone et al. BMC Medicine 2012)
Dolori addominali | 68% |
---|---|
Eczema, eruzioni cutane | 40% |
Mal di testa | 35% |
"Mente offuscata" | 34% |
Affaticamento | 33% |
Diarrrea | 33% |
Depressione | 22% |
Anemia | 20% |
Torpore gambe , braccia e dita | 20% |
Dolori articolari | 11% |
Il percorso per arrivare alla diagnosi
In attesa di criteri diagnostici ancora più stringenti, la diagnosi della sensibilità al glutine resta una diagnosi di esclusione, caratterizzata dalla negatività dei test per l’allergia al grano (nessuna IgE specifica del grano) e per la celiachia (assenza di anticorpi associati a celiachia) ; presenza di AGA IGg nel 50% dei casi, mucosa normale o lieve aumento di IELs (linfociti intraepiteliali); DQ2/8 presente solo nel 40-50%. Nessuna complicanza maggiore associata a NCGS non trattata è stata finora descritta; non è inoltre stata segnalata alcuna comorbidità autoimmune, come invece si osserva nella malattia celiaca. Tuttavia i dati riguardanti la storia naturale della NCGS sono ancora carenti, pertanto è difficile trarre conclusioni definitive.
Celiachia e sensibilità al glutine possono essere viste come due sorelle con caratteristiche comuni, ma con sostanziali differenze che le distinguono l’una dall’altra.
E’ comune trovare la sensibilità al glutine nei familiari di celiaci , in particolare in fratelli , sorelle e genitori di celiaci.
Il fatto che l’ingestione di glutine possa provocare sintomi gastrointestinali in pazienti non celiaci è stato recentemente dimostrato da Vasquez Roque et al. in soggetti affetti da IBS-D (colon irritabile con diarrea predominante ). I soggetti a dieta contenente glutine (DCG) hanno più movimenti intestinali al giorno, soprattutto quelli HLA-DQ2e/o DQ8 positivi, in cui vi è una maggiore permeabiltà del piccolo intestino. Questi dati potrebbero spiegare il miglioramento sintomatologico in seguito all’eliminazione del glutine. Grano e derivati del grano, oltre al glutine, contengono altri componenti che potrebbero giocare un ruolo scatenante i sintomi, ad esempio gli inibitori di amilasi-tripsina ed i fruttani.
Altri studi sembrerebbero attribuire la possibilità che l’effetto positivo della dieta senza glutine in pazienti con IBS sia una conseguenza aspecifica determinata dal ridotto apporto di FODMAPs. Tuttavia va sottolineato che i FODPAPs ( Fermentable Oligo-, Di- and Mono- saccharides And Polyols ) non possono essere interamente ed esclusivamente responsabili dei sintomi presenti nei soggetti NCGS, poichè questi pazienti sperimentano una risoluzione dei sintomi durante una dieta aglutinata pur continuando ad ingerire FODMAPs da altre fonti , come legumi (una fonte molto più ricca di FODMAPs rispetto al grano). Sulla base dei risultati riportati da Biesiekirski et al. è possibile che ci siano casi di IBS interamente dovuti a FODMAPs e che di conseguenza non possono essere classificati come affetti da NCGS.
Sensibilità al glutine … in rosa
Come la celiachia, anche la sensibilità al glutine è un condizione patologica che sembra interessare prevalentemente il sesso femminile Rapporto femmine /maschi : 5:1 Ad essere colpite sono soprattutto le donne tra i 25 e i 45 anni. Va sottolineato come i sintomi delle sensibilità al glutine possano manifestarsi o esacerbarsi durante la gravidanza e dopo la nascita del bambino, in caso di malattie, di infezioni o a causa dello stress o interventi chirurgici. Che la sensibilità al glutine sia un problema marcatamente femmminle si evince poi anche dai risultati di un recente studio „Non-celiac gluten Sensivity: the new frontier of gluten related disorders” pubblicato sulla rivista Nutrients.
Trattamento
L’unico trattamento efficace ad oggi conosciuto per alleviare o migliorare i sintomi di questa sensibilità consiste nel seguire un protocollo dietetico che induce remissione della sensibilità al glutine (o di recupero della tolleranza). Un’alimentazione corretta, oltre a far regredire i sintomi in tempi rapidi (già nel primo mese si assiste alla regressione della sintomatologia), previene lo sviluppo di altre allergie o sensibilità e soprattutto il possibile instaurarsi della vera e propria malattia celiaca .
Nella SGNC la dieta senza glutine deve essere ferrea o no e per quanto tempo?
Queste sono alcune domande che frequentemnte sentiamo porci dai pazienti. Se per la celichia è noto ormai che il regime di dieta senza gluine debba essere per tutta la vita e rigorosa, nel caso di SGNC le cose sono diverse. La soglia di tolleranza al glutine può essere molto flessibile e va individuata caso per caso. Ne consegue quindi che alcuni soggetti che sofforono di SGNC potrebbero non essere costretti nè ad adottare una dieta così stretta nè a seguirla con costanza a vita, distinguendosi nettamente da persone affette da celiachia.
La dieta senza glutine è risolutiva, ma va adottata con attenzione e solo dopo la diagnosi . La dieta priva di glutine è l’unica vera terapia per chi soffre di disturbi glutine correlati.