CELIACHIA
La celiachia, intolleranza permanente al glutine, fino a non molti anni fa era considerata una malattia rara e quindi, anche per questo motivo, poco conosciuta.
La malattia, già descritta nell’antichità da Areteo di Cappadocia nel II secolo d.C., fu messa in relazione all’introduzione di farina circa 1700 anni dal pediatra olandese Dicke (8), che aveva acutamente osservato come le condizioni di bambini affetti da questa condizione fossero paradossalmente migliorate durante il cosiddetto „inverno del digiuno”(1944-45) quando, a causa della penuria di cibo, i piccoli pazienti erano sfamati con patate, cipolle o alimenti inconsueti come bulbi di tulipano.
Per 18 secoli, e sin dopo la II guerra mondiale, la malattia sembrò avere un quadro clinico uniforme. L’elevata mortalità infantile soprattutto per malattie infettive, verso cui i celiaci sono più vulnerabili, selezionò una coorte di adulti „non celiaci”, cosicché la malattia era considerata una patologia pediatrica, identificabile dalla comparsa, dopo poche settimane o mesi dall’introduzione di alimenti solidi, del quadro di grave malnutrizione (diarrea abbondante e maleodorante, distensione addominale, ipotrofia delle masse muscolari, arresto della crescita). Pertanto i primissimi studi di tipo epidemiologico, dopo l’identificazione dell’agente causale, erano rivolti ad una popolazione infantile: in quei tempi, la malattia era diagnosticata esclusivamente sulla base della sintomatologia tipica ed era considerata rara (1: 8.000 negli anni ’50). Negli anni ’60, con l’avvento dei primi test di assorbimento e della biopsia digiunale per-orale, le diagnosi aumentarono, tanto che nella metà degli anni ’70 furono riportati picchi di 1: 500 per regioni come Irlanda, Scozia, Svizzera.
Di conseguenza, nella speranza di „prevenire” l’insorgenza della malattia, si ritardò l’introduzione del glutine allo svezzamento con il risultato immediato di una netta riduzione dell’incidenza della malattia. Sfortunatamente tale decrescita fu puramente illusoria, poiché gli studi successivi dimostrarono che la riduzione delle forme tipiche infantili era controbilanciata dall’insorgenza di forme atipiche, con sintomatologia insorgente in bimbi più grandi o nell’adulto. Nelle ultime decadi le nostre conoscenze sulla malattia celiaca sono molto migliorate, ed a tale miglioramento ha contribuito notevolmente la gastroenterologia italiana. Grazie al prolungamento della sopravvivenza, all’avvento di tecniche di screening affidabili ed a studi su campioni di popolazioni, si è chiarito che la malattia è molto più eterogenea e frequente di quanto non si potesse pensare, sia per prevalenza sia per espressione clinica.
La malattia celiaca è stata paragonata ad un iceberg, in cui la parte sommersa (ovvero le forme atipiche e silenti) supera notevolmente la parte emersa, rappresentata dai casi tipici, con le classiche stimmate del malassorbimento e perciò facilmente diagnosticabili.
I segni obiettivi possono essere molto variabili. Sono ormai rari i casi in cui il grave stato denutrizionale induce l’immediato sospetto.
In questi ultimi anni, la celiachia sembra aver cambiato le proprie caratteristiche: in realtà è solo mutata la nostra attenzione verso sintomi spesso sfumati ed atipici, che ha permesso di accertare un maggior numero di diagnosi 4, (13-15). Grazie all’avvento di marcatori sierologici di celiachia (27,28,) in particolare gli anticorpi antiendomisio (EmA) e più recentemente gli anticorpi antitransglutaminasi (tTG) dotati di elevata sensibilità e specificità, nonché alla diffusione dell’endoscopia digestiva con possibilità di effettuare biopsie a livello della seconda porzione duodenale (29,30) la malattia, considerata sino a pochi anni fa diffusa prevalentemente fra la popolazione europea, è stata riscontrata in tutti i continenti, con una frequenza sovrapponibile. La celiachia è una delle malattie croniche su base genetica, non mortali, più comuni, con una frequenza, nella popolazione generale, stimata 1:100-1:300. Colpisce individui di entrambi i sessi, anche se con una prevalenza maggiore in quello femminile (F/M = 2,5/1). L’età media di comparsa è intorno ai 35 anni, sebbene possa esordire in età sia pediatrica che geriatrica (il 20% dei pazienti celiaci ha più di 60 anni). L’incidenza della malattia è elevata, particolarmente in alcuni paesi dell’Europa occidentale, dove è sovrapponibile a quella americana (0,3-1%).
Colpisce individui di entrambi i sessi, anche se con una prevalenza maggiore in quello femminile (F/M = 2,5/1). L’età media di comparsa è intorno ai 35 anni, sebbene possa esordire in età sia pediatrica che geriatrica (il 20% dei pazienti celiaci ha più di 60 anni).
L’incidenza della malattia è elevata, particolarmente in alcuni paesi dell’Europa occidentale, dove è sovrapponibile a quella americana (0,3-1%).
In Italia un recente studio multicentrico ha riscontrato una percentuale di malattia celiaca pari a un soggetto ogni 100 persone , tuttavia la maggioranza delle persone affette non sa di averla.
A causa dell”alto numero di casi sommersi si parla di fenomeno dell’iceberg a proposito di questa patologia.
L’individuazione precoce della parte sommersa dell’iceberg celiachia rappresenta ancora oggi il più grave problema di questa malattia: esiste infatti un’alta percentuale di celiaci (circa l’80%) non ancora diagnosticati che, oltre ad avere una bassa qualità della vita, rischia gravissime complicanze e ciò anche in relazione alla frequente associazione con molteplici malattie a patogenesi autoimmune. Maggiore è il ritardo diagnostico maggiore è l’autoimmunità associata.
La malattia celiaca, conosciuta anche come sprue celiaca o enteropatia da glutine, è una malattia dell’intestino tenue a patogenesi immuno-mediata, caratterizzata da una intolleranza permanente al glutine, frazione proteica presente in molti cereali (frumento, farro, kamut, orzo, avena, segale, spelta e triticale) che, in soggetti geneticamente predisposti, causa un danno mucoso che, progredendo attraverso vari stadi di gravità, conduce all’atrofia della mucosa del piccolo intestino.
Una diagnosi tardiva può quindi cronicizzare l’infiammazione determinando patologie gravi, a volte irreversibili, come osteoporosi, infertilità, aborti ripetuti, bassa statura nei ragazzi, diabete, tiroidite autoimmine, alopecia, epilessia con calcificazioni cerebrali, linfoma intestinale, artrite eumatoide, epatite cronica attiva, dermatite erpetiforme.
L’esclusione completa dei cereali contenenti glutine dalla dieta determina la regressione delle lesioni a carico della mucosa intestinale e risoluzione del quadro clinico.
EPIDEMIOLOGIA
Colpisce individui di entrambi i sessi, anche se con una prevalenza maggiore in quello femminile (F/M = 2,5/1). L’età media di comparsa è intorno ai 35 anni, sebbene possa esordire in età sia pediatrica che geriatrica (il 20% dei pazienti celiaci ha più di 60 anni).
L’incidenza della malattia è elevata, particolarmente in alcuni paesi dell’Europa occidentale, dove è sovrapponibile a quella americana (0,3-1%). In Italia un recente studio multicentrico ha riscontrato una percentuale di malattia celiaca pari a 1/100
SI NASCE O SI DIVENTA CELIACI?
Chi è geneticamente* predisposto diventa celiaco, ma solo dopo l’introduzione del glutine nell’alimentazione, il che mette in moto una risposta immunitaria abnorme a livello dell’intestino tenue, cui consegue una infiammazione cronica con alterazioni morfologiche dei villi intestinali (appiattimento). Ma avere la predisposizione genetica non implica necessariamente la manifestazione della patologia.
L’esistenza di una predisposizione genetica a sviluppare la celiachia è suggerita dal rischio aumentato in
1) fratelli di pazienti celiaci 7-12%
2) fratelli di pazienti celiaci HLA identici 30-50%
Gemelli monozigoti 80%
Gemelli dizigoti 20%
* Nella celiachia è stata dimostrata una forte associazione con i geni del complesso HLA-II codificanti gli eterodimeri DQ2 e DQ8; il 90% circa dei celiaci è portatore dell’antigene DQ2, mentre nella maggior parte dei celiaci DQ2-negativi si riscontra positività per DQ8.
Esiste tuttavia un 25-30% della popolazione che pur possedendo questi geni di predisposizione non svilupperà mai la malattia. Infatti la presenza degli alleli HLA è un indicatore di predisposizione alla celiachia.
TEST GENETICO
Il test genetico è di notevole aiuto quando sia necessario escludere la malattia celiaca e determinante in caso di malattia refrattaria all terapia.
Il test genetico è indolore. Si effettua con un semplice tamponcino buccale.
A chi è consigliato il test:
– alle persone che hanno un familiare affetto da celiachia
– a chi dopo aver effettuato esami sierologici ha ricevuto una diagnosi per morbo celiaco dubbia
– a chi soffre di sintomi gastrointestinali, diarrea, dolori addominali, sindrome del colon irritabile e non ne conosce la causa.
ESPRESSIONE CLINICA
Accanto alle forme classiche, che si manifestano entro i primi due anni di vita con segni e/o sintomi di malassorbimento, sono stati identificati anche quadri cosiddetti atipici, caratterizzati da un esordio tardivo, spesso clinicamente sfumato o addirittura silente.
Sulla base dei dati clinici, sierologici ed istologici è, infatti, possibile riconoscere le seguenti forme (classificazione estensiva della celiachia):
FORMA CLASSICA: sintomi enterici, sierologia e biopsie intestinali positive
FORMA ATIPICA: manifestazioni extraintestinali, sierologia e biopsie intestinali positive
FORMA SILENTE: asintomatica con sierologia e biopsie intestinali positive
FORMA LATENTE: sierologia positiva, biopsie intestinali negative
FORMA POTENZIALE: predisposizione genetica
Le percentuali maggiori sono appannaggio delle forme silente ed atipica.
QUANDO PENSARE ALLA CELIACHIA IN ETA’ ADULTA
• Anemia carenziale resistente a trattamento, non ben spiegata
• Disturbi gastro-intestinali: alvo irregolare, meteorismo, dolori addominali
• Bassa statura, scarso accrescimento
• Problemi di infertilità; aborti spontanei
• Disturbi neurologici non ben definiti (atassia, neuropatie periferiche)
• Parenti di primo grado di pazienti celiaci
• Soggetti Down
• Osteoporosi precoce e severa
• Ipertranasaminasemia sine causa
• Aftosi orale recidivante
• Dermatite erpetiforme
• Alopecia areata
MANIFESTAZIONI CLINICHE DELL’APPARATO DIGERENTE
I principali dati della letteratura evidenziano che nell’adulto la presentazione clinica della celiachia con manifestazioni di tipo gastroenterologico rappresenta meno del 5% di tutti i casi.
I sintomi gastrointestinali sono manifesti soltanto nella cosiddetta “forma classica”, nell’ambito della quale possiamo distinguere:
• malattia conclamata, con grave sindrome da malassorbimento e, quindi, diarrea, steatorrea, meteorismo e calo ponderale;
• malattia paucisintomatica, con scarsi o lievi sintomi addominali (gonfiore, anomalie dell’alvo);
• malattia monosintomatica, con presenza soltanto di due sintomi, diarrea e ipertransaminasemia.
Alla celiachia possono associarsi, con differente prevalenza, numerose malattie gastroenterologiche, quali la sindrome dell’intestino irritabile, la stomatite aftosa ricorrente, il reflusso gastroesofageo e l’ipertransaminasemia.
La sindrome dell’intestino irritabile (IBS), è caratterizzata da un quadro generale del tutto simile a quello della celiachia paucisintomatica: è pertanto verosimile che molte diagnosi di intestino irritabile sottendano in realtà una malattia celiaca non opportunamente riconosciuta.
Dall’analisi dei dati della letteratura si evince come la celiachia presenti una prevalenza del 5% nei pazienti con IBS rispetto ad una prevalenza dello 0,6% nella popolazione di controllo.
MANIFESTAZIONI EXTRAINTESTINALI
I dati della letteratura indicano che in circa il 60% dei casi l’esordio della malattia celiaca è caratterizzato da manifestazioni extraintestinali con scarsi o nulli sintomi gastrointestinali.
In generale possono essere distinte in due gruppi:
a) Secondarie alla malattia non trattata : Bassa statura. Alterazione del peso. Anemia sideropenica. Osteoporosi. Artriti. Neoplasie. Difetti dello smalto dentario. Ritardo puberale. Alterazioni della fertilità. Miocarditi. Epatite.
b) Associate alla malattia: Malattie autoimmuni.Malattie dermatologiche. Disturbi neurologici e psicologici.Sindromi genetiche.
Nel bambino la malattia celiaca determina un arresto della crescita.
La perdita di peso era in passato un quadro clinico caratteristico del paziente celiaco.
Al contrario il sovrappeso può essere un quadro che non esclude la celiachia: il 30% dei soggetti con diagnosi di malattia celiaca è in sovrappeso.
La carenza di ferro, con o senza anemia, sembra essere la manifestazione extraintestinale più frequente, in particolare in coloro che non rispondono alla supplementazione orale di ferro:
• il 50% dei celiaci adulti manifesta anemia
• nel 20% dei casi l’anemia è l’unico sintomo
• > 70% dei pazienti ha carenza di ferro
Il 6-14% dei pazienti anemici è celiaco
DIAGNOSTICA
A partire dagli anni 80 con la comparsa dei primi marcatori sierologici il laboratorio è diventato componente fondamentale del percoso diagnostico della malattia celiaca. La corretta diagnosi non può che essere la risultante della necessasria interazione tra clinico e laboratorista a partire dagli ni con la comparsa i primi arcatori. In soggetti in cui si sospetti la malattia celiaca si effettuano in primis test non invasivi (diagnostica di laboratorio) rappresentati dal dosaggio di:
• AGA (anticorpi Antigliadina IgA ed IgG) non usato negli adulti.
Nei bambini di età inferiore ai 2 anni sono fortemente indicativi di celiachia anche in assenza di EMA e TTG
• TTg (anticorpi Antitransglutaminasi tissutali IgA) ricombinanti umani si sono mostrati più sensibili degli EMA
• Ema IgA (anticorpi antiendomisio IgA) possono essere assenti nei celiaci di età inferiore ai 2 anni.
La “conferma diagnostica” si ottiene, tuttavia dall’ esame istologico della mucosa digiuno-ileale previa effettuazione dell’esame bioptico in corso di endoscopia:
TRATTAMENTO DELLA CELIACHIA
la dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Consiste nell’esclusione del glutine dalla dieta, cui consegue la normalizzazione dei parametri sierologici, del quadro istologico e della sintomatologia, quindi: guarigione clinica. Il soggetto celiaco deve evitare tutti i prodotti contenenti glutine e sostituirli con alimenti naturalmente privi di glutine o con speciali alimenti del commercio privi di glutine, il cui simbolo di riconoscimento è rappresentato, a livello internazionale, dalla spiga di grano sbarrata. La scritta “senza glutine” può essere posta in etichetta solo dopo la concessione, da parte del Ministero della Salute, di una specifica autorizzazione allo stabilimento di produzione e la notifica al Ministero stesso del singolo prodotto da parte di questo. E’ disponibile il prontuario degli alimenti per celiaci: è una pubblicazione dell’AIC (Associazione Italiana Celiachia), strumento fondamentale nella quotidianità. In questo libro vengono raccolti tutti gli alimenti che si trovano in commercio le cui aziende produttrici garantiscono l’assenza di glutine.
Inoltre su sito dellAIC (http://www. celiachia .it/afcristoratori/) è possibile consultare l’elenco sempre aggiornato dei ristoranti, pizzerie , alberghi, bar ,pasticcerie , agriturismi che hanno aderito al progetto „alimentazione fuori casa” dell’associazione e che sono informati sui problemi dell’alimentazione dei celiaci.